La Nodritura di Macometto.
CAPITOLO
.IIII.
IIII.
[1]
IN
QVELLO
QUELLO
anno
morendoʃi
morendosi
di fame
quaʃi
quasi
tutta la Regione d’Arabia,
&
io
eβendo
essendo
grauida,
gravida,
tanto malamente
mi
poteua
poteva
preualere,
prevalere,
quanto che meno m’era
conceʃʃo
concesso
potermi procacciare per i
campi da
uiuere,
vivere,
Non dimeno alle
uolte
volte
trouaua
trovava
alcune herbe,
con le quali
paʃʃaua
passava
il mio affanno,
e di ciò
rendendone gratie
à
Dio,
finalmente partorì,
ne guari dietro
ʃognai
sognai
parẽdomi
parendomi
uedere
vedere
uno huomo,
che datomi mano mi mena ad un fiume come
latte bianco,
dolce come mele,
e piu che il zaffrano
ʃoaue,
soave,
e
comãda
comanda
che
io
uoglia
voglia
bere,
accioche mi empia di latte.
Et
hauendo
havendo
beuuto,
bevuto,
finalmen-te
finalmente
mi
ammoniʃce,
ammonisce,
che io bea tre
uolte,
volte,
e fatto
queʃto,
questo,
e
uoltato
voltato
uerʃo
verso
di
me dice.
Mi hai tu
conoʃciuto
conosciuto
?
Riʃpondo
Rispondo
nò.
[2]
Et egli io
ʃon
son
la gratia,
laquale mai in tutte le tue
coʃe
cose
hai
laʃciata
lasciata
di rendere
à
Dio.
Ti comando
adunque,
che tu
uadi
vadi
a Mecca,
onde tu
trouerai
troverai
grandiʃs.
grandiss.
gratie,
e
be-nefici.
benefici.
D’onde ritornenai con lo
ʃplẽdore
splendore
intiero come la Luna,
qualhor
piu
ʃplende,
splende,
e terrai tutte
queʃte
queste
coʃe
cose
teco
ʃegrete,
segrete,
E toccandomi con la
ʃua
sua
mano il petto
diʃʃe.
disse.
Va con la gratia di Dio.
Egli ti dia l’abondanza
del latte,
e de benefici
ʃuoi,
suoi,
Deʃtatami
Destatami
per la grandezza della
uiʃione
visione
mi
ritrouai
ritrovai
di modo piena di latte,
che i
mei petti
ʃomigliauano
somigliavano
a
cana-li,
canali,
e tanto maggior miracolo in quel tempo mi
pareua,
pareva,
quanto che
[3]
la gente di Arabia tutta
ʃi
si
moriua
moriva
quaʃi
quasi
di fame,
per il che erano macilenti
nel
uolto,
volto,
e deboli molto.
Tutte le
caʃe
case
ʃi
si
doleuano,
dolevano,
ne
ʃi
si
udiua
udiva
altro che
uoci
voci
di ammalati,
La terra
eβendo
essendo
ʃecca,
secca,
mancaua
mancava
di ogni
uigore,
vigore,
gli
alberi non
ʃolamente
solamente
non
haueuano
havevano
i fiori,
ma non
ʃi
si
uedeuan
vedevan
pur le foglie,
ne
ʃi
si
trouaua
trovava
herba in lato
ueruno,
veruno,
Le
Selue,
Selve,
e i
Monti eran
ʃpogliati
spogliati
delle lor
uerdure.
verdure.
Tra
queʃti
questi
affanni io
ʃola
sola
haueua
haveva
fatta
ʃubita
subita
mutatiõe
mutatione,,
eʃʃendo
essendo
colorita,
graβa,
grassa,
e
freʃca,
fresca,
La onde tutti
ʃi
si
marauigliauano,
maravigliavano,
che duoi giorni fà
io
fuβi
fussi
afflitta,
e mal in
aβetto,
assetto,
&
adeβo
adesso
fuʃʃe
fusse
abondante,
e lieta,
quaʃi
quasi
come figliuola di Re,
E
coʃi
cosi
in
queʃto
questo
giorno,
eʃʃendo
essendo
io con molte altre Donne fuori
à
cercare per i
campi dell’herba
tutte
inʃieme,
insieme,
[4]
udimmo una
grãdiβ
grandiss,,
uoce,
voce,
che
diceua,
diceva,
che Dio
altiβimo,
altissimo,
e benedetto
hauea
havea
interdetto dall’oriente all’occidente,
che
nõ
non
ʃolamente
solamente
gli huomini quell’anno non
generaʃʃero,
generassero,
ma gl’Angeli,
è
i Demoni
anchora,
e
ʃolamente
solamente
queʃto
questo
era
uenuto
venuto
per cagione di un
ʃolo,
solo,
[5]
che era
nato Malchorai,
Egli e
il Sol del giorno,
e la Luna della notte,
Andate
dunque
ò
donne,
e
trouerrete
troverrete
nutrimento per i
uoʃtri
vostri
figliuoli,
Vdito
Udito
queʃto
questo
tutte
inʃieme
insieme
ritorniamo,
et
eʃʃe
esse
dicono
à
Mariti quel che
haue-uano
havevano
udito,
La onde ordinano di far il
uiaggio
viaggio
di Mecca.
Io
eʃʃendo
essendo
co’l marito,
&
ʃedendo
sedendo
ʃu
su
una
Aʃina
Asina
eʃco
esco
l’ultima fuori,
e caminando
odo il
uentre
ventre
dell’Aʃina
dell’Asina
che
riʃonaua,
risonava,
come fa quando
ʃi
si
ha beuto
ʃan-za
sanza
punto mangiare,
In
queʃto
questo
il marito mi
ʃollecita
sollecita
che io l’affretti,
e
ʃproni
sproni
à
caminare,
perche tutte l’altre erano andate innanzi,
&
io odo
da tutte le parti una
uoce
voce
che dice,
Hame Hamen,
[6]
o Halima,
Chiamo il
marito,
odi tu quel che io odo?
Et egli che
uuoi
vuoi
tu ch’io oda?
tu
ʃei
sei
paz-za,
pazza,
o che tu hai paura,
&
in un tratto da
all’Aʃina,
all’Asina,
e gridale accioche
ella camini,
laqual a
pena
ʃi
si
muoue
muove
pur dal Monte
oue
ove
erauamo,
eravamo,
giun-gemmo
giungemmo
in una
ualle,
valle,
&
ecco che ci appare uno huomo,
che
hauea
havea
in
ma-no
mano
una
ʃplendidiβima
splendidissima
ʃpada,
spada,
con la quale dando nel corpo
all’Aʃina
all’Asina
di-ce
dice
camina mò
o Halima con la pace,
e la
ʃalute
salute
di Dio per adempire gli
effetti della tua
uiʃione,
visione,
che io ti difendo da ogni huomo
cattiuo,
cattivo,
e da
ogni
ʃpirito
spirito
immondo.
Chiamo allhora il Marito,
odi tu,
e
uedi,
vedi,
quel
ch’io
ueggio,
veggio,
&
odo?
Che hai tu
pauroʃa,
paurosa,
uuoi
vuoi
tu che io oda la
doue
dove
non
è
corpo ne
uoce
voce
di
niʃʃuno
nissuno
?
&
un’altra
uolta
volta
percuote
l’aʃina,
l’asina,
la quale
gia da lo huomo con la
ʃpada
spada
era
ʃtata
stata
percoʃʃa,
percossa,
camina
ʃi
si
facilmente,
che
toʃto
tosto
aggungẽmo
aggungemmo
quell’altre genti,
che ci eran di gran lunga
trappaβate
trappassate
innanzi.
La mattina giungemmo
uicino
vicino
a Mecca due miglia,
Quiui
Quivi
ʃedendo
sedendo
eʃʃendomi
essendomi
ʃtracca,
stracca,
mando il Marito innanzi,
alla
caʃa
casa
di Abdalmutalif,
Doue
Dove
il fanciullo figliuolo di Abdalla
hauendo
havendo
rifiu-tato
rifiutato
tutte l’altre donne,
che
ui
vi
erano
uenute
venute
per allattarlo
ʃi
si
ʃtaua
stava
ʃo-lo,
solo,
eʃʃendo
essendo
quelle ritornate indietro,
&
io
ʃola
sola
entrando,
odo una
uoce,
voce,
che grida da parte
dell’Auolo
dell’Avolo
ʃuo,
suo,
ʃe
se
ui
vi
reʃta
resta
alcuna delle donne di
Be-nizat
Benizat
a
uenirci,
venirci,
perche
uuole
vuole
che ci
uegna,
vegna,
&
facciaʃi
facciasi
innanzi,
per il
che io mi
moʃtro,
mostro,
e Abdalmutalib guardando mi dice.
D’onde
ʃei
sei
tu?
Riʃpondo
Rispondo
di Benizat.
Come
è
il tuo nome?
Et io Halima,
Et egli io ho uno
mio Nipote
orfauo
orfano
[7]
il cui nome
è
Macometto,
il quale ha
recuʃato
recusato
tut-te
tutte
l’altre donne che ci
ʃono
sono
uenute
venute
ad
alleuarlo,
allevarlo,
doue
dove
che
uieni
vieni
ancho-ra
anchora
tu,
che te lo farò
uedere,
vedere,
&
io gli domando,
che prima ch’io entri mi
laʃci
lasci
di
queʃto
questo
fauellare
favellare
co’l mio Marito,
et egli
cõcedendolomi
concedendolomi,,
co’l quale ragionando,
e
uenutogli
venutogli
à
memoria la
uiʃione,
visione,
hebbe da lui licenza,
e
coʃi
cosi
preʃami
presami
Abdalmutalib per mano,
mi mena ne piu
ʃecreti
secreti
luoghi di
quella
caʃa,
casa,
doue
dove
uedẽdomi
vedendomi
Hemina madre del
bãbino
bambino
lucente come una
ʃtella,
stella,
leuata
levata
in pie,
coʃi
cosi
diʃʃe
disse
ad alta
uoce.
voce.
Gran mercè
ti ha il mio
fan-ciullo,
fanciullo,
e
grãde
grande
obligatione o
Halima,
ʃopra
sopra
il quale
è
l’oratione,
e la
ʃalute
salute
di Dio,
eβendo
essendo
egli
inuolto
involto
in un drappo piuche latte bianco,
e piu
che
muʃchio
muschio
odorifero,
con una
camiʃia
camisia
di trappunto
indoβo,
indosso,
e
dormiua,
dormiva,
io toccandolo lo
ʃueglio,
sveglio,
&
egli aprendo
gl’occhiriʃe,
gl’occhirise,
dalla
ʃua
sua
bocca
uʃciua
usciva
una luce,
che
andaua
andava
fino al cielo,
io di tanto
marauigliandomi
maravigliandomi
gli copro la faccia,
dopo gli porgo la tetta,
et egli
preʃe
prese
la
deʃtra,
destra,
[8]
Per-che
Perche
Ibenabez dice,
che egli
hauea
havea
laʃciato
lasciato
la
ʃiniʃtra
sinistra
al
ʃuo
suo
collattaneo
Daram figliuolo della nutrice.
Preʃolo
Presolo
dunq;
dunque
in braccio,
e
uolẽdomi
volendomi
ri-tornare
ritornare
al marito,
egli mi
diβe,
disse,
o Halima.
Guardãdo
Guardando
io
uidi,
vidi,
che egli
hauea
havea
il capo chinato,
e humiliato per farti honore,
e
diβe
disse
hauẽdo
havendo
portato
uia
via
il fanciullo,
rallegrati Halima,
քche
neβuna
nessuna
delle
noʃtre
nostre
donne non
ritorna indietro con tanto beneficio,
come fai tu,
[9]
la Madre mi
cõmandò
commandò
che io non
uʃciβi
uscissi
di Mecca,
fin che io non
intendeβi
intendessi
il
ʃuo
suo
parere,
e
coʃi
cosi
aʃpettãdo
aspettando,,
paβato
passato
il terzo giorno,
la quarta notte,
ʃi
si
come
auenir
avenir
ʃuo-le,
suole,
mi
deʃto
desto
a
caʃo,
caso,
e guardando
ueggo
veggo
uno huomo
ueʃtito
vestito
di
uerde
verde
quaʃi
quasi
come di
ʃmeraldo,
smeraldo,
che
ʃedeua
sedeva
al capo del fanciullo,
e continoamente
lo
baʃciaua,
basciava,
io pianamente
ʃueglio
sveglio
il marito,
accioche egli
ueda
veda
queʃto
questo
miracolo,
il che
uedendo
vedendo
egli comanda che non
ʃi
si
dica
coʃa
cosa
alcuna,
e
coʃi
cosi
paβati
passati
alcuni giorni
apparecchiandoʃi
apparecchiandosi
tutti per partire,
e noi
pa-rimente
parimente
ci partiamo,
[10]
e
ʃedendo
sedendo
in
ʃu
su
l’Aʃina
l’Asina
il marito mi porge il
fan-ciullo,
fanciullo,
e quella
quaʃi
quasi
adorandolo s’inginocchia,
et io
preʃolo
presolo
ʃi
si
leua
leva
l’Aaʃina,
l’Asina,
et alzata la
teʃta
testa
uia
via
camina,
tãto
tanto
che
trappaβano
trappassano
tutti gl’altri che s’eran partiti innanzi di noi,
il che
eβi
essi
uedendo,
vedendo,
e
maraui-gliandoʃi
maravigliandosi
forte,
Domandano o
Helima,
è
queʃta
questa
quell’Aʃina
quell’Asina
che noi
ue-demmo
vedemmo
l’altr’hieri
coʃi
cosi
triʃta,
trista,
e debole,
&
hora e
coʃi
cosi
preʃta
presta
?
Riʃpondo
Rispondo
ella
è
deβa.
dessa.
[11]
L’Aʃina
L’Asina
allhora
fauellando
favellando
con humane parole,
&
ad
alta
uoce
voce
dice,
Coʃi
Cosi
Dio mi ha da morte
riuocata
rivocata
a
uita.
vita.
O
ʃe
se
uoi
voi
ʃape-ʃte
sapeste
chi
è
colui ch’io porto,
egli
è
il Sigillo de Propheti,
egli
è
Signor de
Giudici,
miglior de primi,
e Nuntio di Dio omnipotente,
che debbio dir
piu.
Trappaβai
Trappassai
ogni altra,
e la Fortuna mi accompagnò
di modo,
che
non
ʃolamente
solamente
la mia
caʃa
casa
fu ripiena di gratie,
ma tutte l’altre alla mia
uicine
vicine
ne participarono anchora,
ʃentendo
sentendo
il
fauore
favore
della mia fortuna,
e
coʃi
cosi
fu
alleuato,
allevato,
e nudrito,
e crebbe in maniera,
che io
ʃua
sua
nudrice non
hebbe pur un minimo
faʃtidio
fastidio
di lui,
e
coʃi
cosi
il fanciullo
hauendo
havendo
comin-ciato
cominciato
ad andar con gl’altri fanciulli a
giocare,
un giorno ritornando a
caʃa
casa
dice,
Doue
Dove
ʃono
sono
i miei fratelli,
o mia madre,
che
uuol
vuol
dir,
che io
non ce li
ueggio
veggio
?
Riʃpoʃi
Risposi
che
eβi
essi
erano iti a
paʃcere
pascere
gli animali,
e che
non ritornerebbono
auanti
avanti
ʃera,
sera,
la qual
coʃa
cosa
ʃentendo,
sentendo,
cominciò
ʃubi-to
subito
fanciulleʃcamente
fanciullescamente
piagnere,
dolendoʃi
dolendosi
di non
eʃʃere
essere
andato con
lo-ro,
loro,
perche io lo conforto promettendogli la mattina mandarlo,
e lo mando co miei figliuoli,
[12]
fattogli prima attorno alcune cerimonie,
accioche
fuβe
fusse
da incanti,
e da malie
ʃicuro,
sicuro,
e
coʃi
cosi
paʃʃati
passati
molti giorni
perʃeue-rando
perseverando
l’andare,
[13]
ecco che mi
uien
vien
incontra correndo Damira mio
figli-uolo
figliuolo
eʃclamando,
esclamando,
&
empiendo la
caʃa
casa
di
ʃpauento,
spavento,
dicendo.
Correte correte altrimenti
uoi
voi
trouerete
troverete
il mio fratello Macometto
eʃʃer
esser
morto.
Il padre
corʃe
corse
là
doue
dove
era per la
nouità
novità
ʃparito,
sparito,
domandogli che
coʃa
cosa
ʃia
sia
auenuta,
avenuta,
[14]
&
eʃʃo
esso
racconta,
che tre huomini rapiron Macometto del
mezzo de i
ʃuoi
suoi
compagni,
e lo portarono in cima ad uno Monte,
e apertogli il corpo,
che lo
haueã
havean
tutto
ʃuiʃcerato,
sviscerato,
all’hora noi corremmo,
e lo
ritrouamo
ritrovamo
in
ʃul
sul
Monte ma
ʃano,
sano,
&
ʃaluo
salvo
ʃanz’alcuna
sanz’alcuna
leʃione.
lesione.
Non dimeno dolenti l’addomandiamo di quel che gli
ʃia
sia
accaduto,
egli
quaʃi
quasi
sbigottito
riʃponde,
risponde,
Tre huomini
cauandomi
cavandomi
de
Paʃcholi
Pascholi
mi
conduʃʃero
condussero
qui,
Il primo mi
ʃparò
sparò
fino al bellico
ʃanza
sanza
farmi
pũto
punto
di male,
e mi
lauo
lavo
le
uiʃcere,
viscere,
e fecele bianche come
neue,
neve,
Il
ʃecondo
secondo
mi parti il core in due
parti,
e
cauando
cavando
del mezzo un grano negro,
&
gettandolo
uia,
via,
diʃʃe,
disse,
queʃta
questa
è
la portione del
Diauolo,
Diavolo,
Il terzo mi
rimeʃʃe
rimesse
le
uiʃcere
viscere
nel
uen-tre,
ventre,
e ritornommi come
uoi
voi
uedete
vedete
ch’io
ʃono.
sono.
E fatto
queʃto
questo
mi
peʃaro
pesaro
in una
bilãcia
bilancia
ponendo da un de lati dieci huomini,
e da l’altro io
ʃolo,
solo,
ilquale
uencendoli
vencendoli
ui
vi
aggiunʃero
aggiunsero
dieci altri,
nondimeno la mia banda
ʃtette
stette
di
ʃopra,
sopra,
e fatto
queʃto
questo
un di loro
diʃʃe
disse
non
ʃi
si
peʃi
pesi
piu,
perche tutta la
moltitudine de gli huomini
inʃieme
insieme
adunata non può
tanto come egli
puo,
[15]
Et
baʃciatomi
basciatomi
il capo,
e la fronte
ʃe
se
nandarono,
n’andarono,
tuttauia
tuttavia
moʃtrandone
mostrandone
come
ʃi
si
partiuano
partivano
all’hora,
[16]
udito noi
queʃto
questo
lo conducemmo tutto
tremante ad uno
Aʃtrologo,
Astrologo,
che era
quiui
quivi
uicino,
vicino,
e
uolendogli
volendogli
noi
rac-contar
raccontar
la
coʃa
cosa
diʃʃe,
disse,
che la
uolea
volea
udir da lui,
&
egli per ordine gli dice
il tutto,
apena
hauea
havea
finito di ragionare,
che
l’Aʃtrologo
l’Astrologo
tutto
infiam-mato
infiammato
di
ʃpirito
spirito
diʃtendendo
distendendo
le mani
preʃe
prese
il fanciullo,
estringendolo grida
.
Credete
à
coʃtui
costui
ʃe
se
uolete
volete
uedere
vedere
la
rouina
rovina
della fede
noʃtra,
nostra,
e
del-la
della
religione,
O turba de gli Dei,
ʃoccorrete
soccorrete
o popoli
ʃe
se
punto
ui
vi
muoue
muove
la loro religione,
non
uogliate
vogliate
patire tanta
rouina,
rovina,
occidetemi con
eʃʃo
esso
lui?
[17]
Io tolto il fanciullo per forza lo conduco a
caʃa,
casa,
e
quiui
quivi
da
ui-cini
vicini
ʃon
son
conʃigliata,
consigliata,
che
eʃʃendo
essendo
egli
alleuato
allevato
lo mandi
à
ʃuoi
suoi
parenti,
ilche
inteʃo
inteso
mi parto co’l fanciullo,
e
uò
vò
à
Mecca,
[18]
&
entrata per la por
ta maggiore,
quiui
quivi
trouo
trovo
il Senato che
ʃedeua,
sedeva,
&
eʃʃendo
essendo
io
meʃʃa
messa
à
ʃedere
sedere
per udire quello che
ʃi
si
agitaua
agitava
dauanti,
davanti,
ecco che il fanciullo mi
ʃpariʃʃe
sparisse
di mano,
per il che
ʃpauentata
spaventata
comincio
à
gridare,
chi me lo ha
tolto?
o chi lo hà
ueduto
veduto
?
Tutti affermano di non lo
hauer
haver
ueduto,
veduto,
on-d’io
ond’io
piu che mai infuriata gridando lo cerco tutta
lagrimoʃa,
lagrimosa,
e
pian-gente.
piangente.
Gli huomini mi
uengono
vengono
intorno per confortarmi,
e mentre che
fauellano
favellano
un
uecchio
vecchio
tutto tremante appoggiato
ʃul
sul
baʃtone,
bastone,
che egli
hauea
havea
in mano mi dice,
che io
uada
vada
ad Hahel,
il quale con la
ʃua
sua
riʃpoʃta
risposta
me lo
inʃegnarà,
insegnarà,
&
io
riʃpondendogli,
rispondendogli,
che in
uano
vano
addomanderei
à
gli
Dei,
concioʃia
conciosia
che
eβi
essi
lo habbino
à
ʃoʃpetto,
sospetto,
Mi
diʃʃe,
disse,
ʃeguimi
seguimi
dun-que,
dunque,
e io ne addomanderò
per te.
Lo
ʃeguo,
seguo,
e il
uecchio
vecchio
entrato s’inchina ad Hahel Prencipe,
e
à
ʃuoi
suoi
compagni Dii,
e
baʃciatili
basciatili
à
tutti le
gi-nocchia,
ginocchia,
e le mani
ʃopplica,
sopplica,
e prega per il fanciullo Macometto
figli-uolo
figliuolo
di Abdalla,
figliuolo di Abdalmutalib,
[19]
Allhora Hahel con la
ʃua
sua
moltitudine intorno tremando
riʃpoʃe.
rispose.
Tu dunque
uecchio
vecchio
ʃtolto
stolto
uie-ni
vieni
à
darci noia nominando colui,
che
è
nato per
noʃtra
nostra
rouina
rovina
?
Parti-ti
Partiti
di qua
inuecchito,
invecchito,
e pazzo,
ti
ʃei
sei
tu però
tanto indebilito co’l
cer-uello
cervello
che delle
coʃe
cose
tue dimenticatoti,
tratti
coʃi
cosi
l’altrui
coʃe
cose
ʃtra-ne
strane
?
Io addolorata tutta mi parto,
e mi
penʃo
penso
di dirlo ad Abdalmutalib
innanzi che egli
ʃenta
senta
da altri il romore.
Egli udito
queʃto
questo
con gran
romore mette
ʃottoʃopra
sottosopra
tutta la città,
e
preʃa
presa
la
ʃpada
spada
dice,
qual
in-uidia
invidia
mi ha tolto il mio Nipote Macometto?
io faro hoggi tal
uendet-ta,
vendetta,
qual non udi mai
ʃecolo
secolo
alcuno.
A
queʃto
questo
i Primi della terra gli
uanno
vanno
intorno,
e il Popolo,
confortandolo,
e dicendo,
e perche
queʃto
questo
Si-gnore
Signore
?
Non
poʃʃiamo
possiamo
noi cercar per tutte le
prouincie,
provincie,
e
ueder
veder
di
tro-uarlo
trovarlo
?
e
coʃi
cosi
fecero,
ma indarno
conʃumorono
consumorono
il tempo.
Il Re
impatiente entra nel Tempio per
ʃalutar
salutar
gli Dei,
cercando
con
queʃto
questo
mezzo di
trouar
trovar
il fanciullo.
In
queʃto
questo
ode
una
uoce
voce
dal Cielo,
che lo
trouerebbe
troverebbe
appreʃʃo
appresso
il fiume Tahene
ʃotto
sotto
l’arbore Heremì,
uanno
vanno
le
genti
à
cercarlo,
trouatolo
trovatolo
lo menano con
grandiβima
grandissima
feʃta,
festa,
&
allegrezza.
Io per i
doni datimi tutta contenta,
e ricca me ne ritorno alle mie
caʃe
case
ringratiando Dio
di tanta
uentura.
ventura.